Un nuovo caso di presunto razzismo dopo aver ordinato un Negroni: Vittorio Feltri non ci sta e dice la sua sulla vicenda.
Il razzismo è un argomento sempre molto delicato da affrontare e che spesso ha portato a forti tensioni anche al Governo come le accuse ricevute dalla Polizia di Stato che avevano portato la Premier Meloni a dire la sua duramente. Adesso, un episodio capitato a Pordenone ha fatto andare su tutte le furie Vittorio Feltri che per Il Giornale ha ricostruito l’accaduto e detto la sua in modo molto diretto.
Feltri: razzismo e caso del cocktail Negroni
Come di consueto nel suo editoriale per Il Giornale, Vittorio Feltri si è trovato a rispondere alle domande di un suo lettore. In questo senso, il focus dell’utente è andato ad un episodio verificatosi a Pordenone dove in un bar, al momento di ordinare un cocktail Negroni, un gruppo di stranieri ha lanciato pesanti accuse di razzismo.
“Penso che non soltanto siamo arrivati alla follia, ma che ci siamo proprio ubriacati, e non di Negroni, purtroppo, bensì di cultura ‘woke’ distillata a dosi tossiche. Viviamo in una società che non si indigna più per l’ignoranza, ma per i sostantivi. Si è passati dal proibizionismo alcolico al proibizionismo linguistico”, ha esordito fin da subito il giornalista facendo comprendere il suo parere sulla vicenda.
Scene che fanno “paura”
Dopo aver analizzato l’orgine del nome Negroni, Feltri ha quindi proseguito il suo discorso: “[…] Il razzismo, oggi, viene cercato nelle etichette dei liquori, non nelle intenzioni di chi parla. La parola negro, che per decenni è stata utilizzata in modo neutro su giornali, romanzi, canzoni e film, è diventata improvvisamente radioattiva e incendiaria, come se avesse provocato da sola secoli di sopraffazione […]”.
Il giornalista ha quindi brevemente ripreso l’episodio di Pordenone ed è giunto ad una conclusione: “[…] Non sarà che siamo diventati tutti dei barili di permalosità priva di intelligenza? E sai qual è l’aspetto peggiore? Che queste scene non fanno ridere affatto: fanno paura. Perché certificano il declino di un mondo che ha perso il senso delle parole […]”.
